Usato come agg., precede di solito il sostantivo, e vuole dopo di sé l’articolo: entrambi i consoli, entrambe le soluzioni. entrambi [lat. inter ambos “fra tutti e due”] (f. -e).
Il termine “entrambi” è un aggettivo che viene utilizzato per indicare due persone o cose in insieme. Viene di solito posizionato prima del sostantivo e richiede l’uso dell’articolo determinativo dopo di sé. Ad esempio, si può dire “entrambi i consoli” per riferirsi a due consoli o “entrambe le soluzioni” per indicare due soluzioni.
L’origine del termine “entrambi” è il latino “inter ambos”, che significa “fra tutti e due”. Questo aggettivo può essere utilizzato in ambito sia maschile che femminile, e viene declinato al femminile come “entrambe”.
Come si dice entrambi al plurale?
Il termine “entrambi” si riferisce a due o più oggetti o persone e indica che entrambi sono inclusi nella descrizione o nell’azione che viene espressa. Quando si parla di più di due oggetti o persone, il termine corretto da usare è “entrambi” al plurale. Ad esempio, se si vuole dire che sia Marco che Maria hanno 8 anni, si può dire: “Marco e Maria hanno 8 anni: entrambi frequentano la terza elementare”. In questo caso, “entrambi” viene usato per indicare che sia Marco che Maria sono inclusi nella descrizione di chi frequenta la terza elementare.
È importante notare che il termine “entrambi” ha una forma femminile, “entrambe”, che viene usata quando il sostantivo a cui si riferisce è di genere femminile. Ad esempio, se si vuole dire che sia Maria che Laura hanno preso il treno due volte, si può dire: “Maria e Laura hanno preso il treno due volte: entrambe le volte”. In questo caso, “entrambe” viene usato per indicare che sia Maria che Laura sono inclusi nella descrizione delle volte in cui hanno preso il treno.
Qual è il plurale di entrambi?
Il plurale di “entrambi” dipende dal genere delle parole a cui si riferisce. Se le parole sono entrambe di genere femminile o se la parola è femminile plurale, allora si utilizza la grafia “entrambe”. Ad esempio, “le ragazze” o “le donne”. Se invece le parole sono entrambe di genere maschile, o se una delle parole è di genere femminile e l’altra è maschile, allora si utilizza la grafia “entrambi”. Ad esempio, “i ragazzi” o “i libri e i quaderni”.
È importante ricordare che il plurale di “entrambi” si riferisce solo alle parole a cui è collegato e non a tutto il contesto della frase. Ad esempio, se diciamo “ho visto entrambi i ragazzi”, il plurale si riferisce solo ai ragazzi e non ad altre persone o oggetti menzionati nella frase.
In conclusione, il plurale di “entrambi” varia in base al genere delle parole a cui si riferisce e può essere “entrambe” per il genere femminile plurale o “entrambi” per il genere maschile plurale o per una combinazione di genere maschile e femminile.
Quando si usa lo stesso?
Nell’uso comune, la locuzione avverbiale “lo stesso” viene utilizzata per indicare che nonostante una situazione o un’azione potrebbero essere diverse o contrarie a quanto ci si aspetta, si sceglie comunque di procedere o di comportarsi in modo simile. Ad esempio, se qualcuno non ha voglia di fare qualcosa, ma è obbligato a farlo, potrebbe dire “devo studiare lo stesso”, indicando che nonostante la mancanza di volontà, si compirà comunque l’azione richiesta.
Un altro esempio potrebbe essere quello di una persona che aveva programmato di uscire, ma poi scopre che sta piovendo. Tuttavia, decide comunque di andare fuori dicendo “piove, ma verrò lo stesso”, indicando che nonostante le condizioni atmosferiche non siano ideali, si procederà comunque con il piano iniziale.
In generale, l’uso di “lo stesso” indica una sorta di determinazione o perseveranza nel fare qualcosa nonostante le circostanze avverse. Questa espressione può essere utilizzata in vari contesti e situazioni, ed è un modo comune per indicare che nonostante ciò che potrebbe sembrare un ostacolo o una difficoltà, si sceglie comunque di agire o di comportarsi in un determinato modo.
Quando scrivere a oppure ad?
La regola generale per l’uso della d eufonica è quella di eliminarla quando la a o la e sono seguite da una parola che inizia con una vocale diversa. Ad esempio, si scrive “a osservare” anziché “ad osservare”, e si dice “e anche” invece di “ed anche”.
Tuttavia, c’è un’eccezione a questa regola che è ormai imposta dall’uso. Ad esempio, si utilizza “ad esempio” anziché “a esempio”. Questo si deve al fatto che l’uso di “a esempio” può risultare ambiguo o poco chiaro nella pronuncia.
In conclusione, l’uso di “a” o “ad” dipende dalla lettera iniziale della parola che segue. La d eufonica viene eliminata quando la parola successiva comincia con una vocale diversa, ad eccezione di “ad esempio” che è ormai consolidato nell’uso.
Quando si mette la D dopo la A?
Nell’uso contemporaneo, sia scritto che parlato, la d eufonica si inserisce in genere solo quando le due vocali sono identiche: si avrà allora “vivo ad Amalfi” e non “a Amalfi”, “iene ed elefanti” e non “iene e elefanti”, e così via. Questa inserzione della d eufonica è una pratica comune nella lingua italiana che serve a migliorare la fluidità della pronuncia. Tuttavia, è importante notare che non esiste una regola precisa su quando si inserisce la d eufonica dopo la a, ma dipende spesso dal parlante o dal contesto.
In alcuni casi, la d eufonica può essere inserita anche quando le due vocali non sono identiche, ma questo è meno comune. Ad esempio, potremmo sentire “ti ho ascoltato” anziché “ti ho scolato” o “qui ho appena mangiato” anziché “qui ho appena mangiato”. Questo inserimento della d eufonica può essere influenzato da fattori come la regione o l’accento del parlante.
In conclusione, l’inserimento della d eufonica dopo la a dipende principalmente dalla pronuncia e dalla fluidità del parlante. Sebbene sia più comune inserirla quando le due vocali sono identiche, potrebbe essere utilizzata anche in altri contesti linguistici.